APPROFONDIMENTI: L'architettura dei depositi di Paperone nel nuovo libro di Giacomo Delbene e Mila Nikolić

L'architettura dei depositi di Paperone nel nuovo libro di Giacomo Delbene e Mila Nikolić

In arrivo nelle librerie “Mr. Bin. Architetture per il deposito di Scrooge McDuck”, il secondo volume dell'architetto e collezionista Giacomo Delbene (realizzato insieme a Mila Nikolić), con contributi di Marco Rota, Massimo De Vita e Giorgio Cavazzano.

Di: Redazione ComicArtCity | Pubblicato il:26/11/2020


Sta per uscire in tutte le librerie italiane “Mr. Bin. Architetture per il deposito di Scrooge McDuck”, il secondo volume ad opera di Giacomo Delbene e Mila Nikolić facente parte della ricerca ARCHIDISNEY, che analizza il mondo di topi e paperi dal punto di vista dell’architettura, della città e del design. Dopo l’approfondimento sulla figura di Floyd Gottfredson -“Archidisney. Architettura, città e design nell’arte di Floyd Gottfredson” (G.Delbene. Odoya, 2019) -, con questo volume si affronta, per la prima volta in forma sistematica ed approfondita, l’evoluzione dell’architettura dell’edificio-personaggio per eccellenza dell’universo papero, ossia il money-bin di Paperone.
La ricerca relaziona le funamboliche configurazioni del magazzino blindato con i corrispettivi reali che possano avere influenzato la fantasia degli autori, tracciandone coerenti categorie tematiche e ripercorrendo in una sorprendente cavalcata le visioni prodotte dagli artisti della famiglia Disney, dal canone americano alla prolificissima scuola Disney di casa nostra.
Per poter giungere a tale risultato, in un gioco di riferimenti incrociati che aprono a riflessioni altrimenti non sempre scontate, si è studiato non solamente il corpus barksiano, ma, anche e soprattutto, ci si è immersi in oltre 600.000 pagine di pubblicazioni italiane, analizzando una produzione che, nel corso dei decenni, ha dimostrato elementi di grande interesse alla volta di spingere oltre inaspettati orizzonti le potenzialità dell’architettura associata ad uno dei protagonisti più amati della storia del fumetto mondiale. 
La prefazione al testo è curata da Alex Bertani, direttore editoriale del settimanale Topolino, mentre la postfazione è opera di Manuel Gausa, architetto, docente universitario e storico direttore della rivista internazionale Quaderns d’Arquitectura i Urbanisme. Sono anche presenti contributi testimoniali di Marco Rota, Massimo De Vita e Giorgio Cavazzano
Il volume è pubblicato dalla casa editrice bolognese Maglio Editore. Pagine 375, con colore. Prezzo 28 euro. 

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- Nel precedente volume si conduceva un’analisi centrata sull’opera di Floyd Gottfredson. In questo caso, invece, l’oggetto di studio non è un artista bensì addirittura un’architettura fumettata. Cosa dobbiamo aspettarci?
Ancor più che il testo su Gottfredson, questo nuovo lavoro vuol essere un autentico omaggio all’opera di tanti artisti che, nel corso di decenni, hanno dato il meglio di sè sulle pagine delle avventure disneyane. Pur nella coerenza d’argomento – fumetto E architettura, architettura NEL fumetto -, si tratta evidentemente di un libro differente. L’analisi non è più focalizzata su un autore demiurgico, che può essere osservato nell’evoluzione del proprio stile piuttosto che nel succedersi di differenti fasi creative talvolta indotte da sollecitazioni ed accadimenti esterni. In MR BIN, al contrario, la ricerca, è indirizzata su un soggetto architettonico la cui natura funzionale – come ben si vede in certa parte del libro – non è neppure univocamente definita. Consequenzialmente, i termini della questione si scambiano di posto e, stavolta, sono le infinite interpretazioni di uno spartito ad essere protagoniste: un esercito di depositi, tutti differenti fra di loro, che marciano compatti di pagina in pagina, ognuno di essi intuizione (più o meno) felice da parte degli artisti disneyani che si sono succeduti nella produzione di centinaia e centinaia di storie. 

- Come è nata l’idea di un libro sul deposito di Paperon de’ Paperoni?
Nel novero degli argomenti impresicndibili quando si voglia trattare il rapporto tra architettura e fumetto Disney, da subito il deposito di Scrooge ci è apparso come un must,  vuoi per pervasività e permanenza all’interno delle storie ambientate nell’universo dei paperi, vuoi per effettvo interesse ed originalità delle soluzioni progettuali che, nel corso degli anni, ne hanno modificato l’aspetto.
Personalmente, possiedo nitidissimi ricordi di quando, da ragazzino, osservavo rapito alcuni disegni di Scarpa, Carpi, Bottaro o di qualche altro maestro Disney alla volta di raffigurare il magazzino aurifero di Paperone. Oserei quasi dire che esso sia stato - come forse per tanti altri giovani lettori - una delle primissime architetture su cui abbia cominciato a speculare progettualmente. Non escluderei addirittura di assegnarle una sia pur minima responsabilità -  a livello di subconscio -  nella passione per l’archtiettura che si sarebbe manifestata in epoca successiva.
In tal senso quindi, una ricerca a tutto campo con il deposito come protagonista è stata anche un tributo ad un ricordo nostalgico, consapevole però che la consistenza dell’argomento possedesse comunque di per sè pure una ragionevolezza e solidità tali da giustificare un’indagine seria ed esaustiva, ordinata secondo una metodologia disciplinarmente coerente. 
Devo dire che non è stata affatto una sofferenza concentrarci in forma sistematica su un soggetto così specifico, tutt’altro. Piuttosto, grazie alla consultazione mirata di migliaia di pagine, si è rivelato un grato piacere scoprire versioni dell’edificio di cui ignoravamo l’esistenza, oppure di cui ci erano sfuggiti dettagli interessanti.  Si è trattato di un lavoro approfondito, che ha dato come risultato un volume molto denso e corposo. Chi si era divertito con l’investigazione su Gottfredson ancor più troverà pane per i propri denti con questo nuovo tomo. 


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- Mr. Bin è un titolo inusuale, certamente non scontato. Come mai questa scelta?
La tentazione costituita dall’assonanza Mr. Bean – Mr. Bin è stata troppo forte e, in barba a parecchi criteri di buon senso, abbiamo ceduto...Devo però dire che la scelta è stata anche conseguente alla convizione che, davvero, ci pareva totalmente appropriato al soggetto in questione forzare una personalizzazione del termine comune anglosassone bin – deposito – trasformandolo, pure per il titolo secondo un’identificazione colloquiale, in nome proprio.
La copertina stessa del volume, che espone qualche dozzina di prospetti schizzati raffiguranti alcune delle numerose incarnazioni dell’edificio, è espressione della medesima idea secondo la quale Mr. Bin, nel corso della propria gloriosa carriera, è stato omaggiato da molteplici artisti con innumerevoli ritratti, dotandosi di eterogenee acconciature piuttosto che sfoggiando differenti costumi.Proprio per questo, preferiamo legittimamente associare lo sfondo della copertina ad una collezione di fotografie piuttosto che ad un asciutto abaco tipologico, oppure alla cassettiera di un entomologo ... 
 

- Cosa rappresenta il deposito per Paperone e per la famiglia Disney?
Come ampiamente trattato in avvio al testo, l’edificio corazzato che custodisce le ricchezze di Paperone è ormai da considerarsi un tutt’uno con la figura del papero, un’estensione della personalità di quest’ultimo che travalica i conottati funzionalistici ed architettonici dell’edificio. 
Scrooge è un self-made man. Per Paperone la vita sono gli affari. Psicoanaliticamente, come sottolinea Andrae, Scrooge proietta la propria identità in un manufatto duro ed ostico al cambiamento per sfuggire alla effimerità e, in sostanza, per sottrarsi alla vulnerabilità nei confronti del mondo naturale e delle relazioni con gli altri. Nel suo desiderio di permanenza, con la sua monumentalità e immobilità, l’idea del magazzino blindato è quasi paragonabile alle piramidi egizie ed al loro simbolismo di immutabile ordine naturale e sociale. Il deposito è dunque da intendersi come un’estensione di sé e può essere visto come una metafora di quello che Theleweit chiamava il “corpo corazzato”.
Corpo e psiche creano un’armatura psichica che difende dalle vulnerabilità emozionali e dalla mollezza. Nonostante sia costruito in solido acciaio, il deposito è costantemente in pericolo di riversare fuori il suo contenuto, così come l’uomo corazzato è assediato dalla paura che i contenuti della sua psiche si riversino verso il mondo esterno. Il resto della famiglia Disney non può che subire l’attaccamento viscerale che Scrooge manifesta nei confronti della propria dimora-magazzino, accettando il suo identificarsi in queste quattro mura corazzate e, consequenzialmente, accondiscendendo più o meno benevolmente alle varie peripezie cui si viene via via sottoposti per incrementarne o garantirne la sicurezza.

Per quanto riguarda invece gli autori che hanno avuto modo di lavorare con frequenza su questo soggetto, i sentimenti suscitati dal deposito, considerate le caratteristiche più propriamente formali che ne sottendono la rappresentazione, sono ondivaghi e le testimonianze che potranno leggersi nel volume ed accordateci da Marco Rota, Massimo De Vita e Giorgio Cavazzano non mancheranno di riservare delle sorprese...
Ad ogni modo, è convinzione comune, presso gli artisti come presso i personaggi, che se, all’improvviso, Mr. Bin scomparisse, ciò sarebbe una grande ed insostituibile perdita per tutta la comunità. È infatti lo stesso Rockerduck, inZio Paperone e il deposito sotto assedio“ del 2017, di fronte alla visione di una Paperopoli senza il suo simbolo, a difendere il magazzino blindato del suo acerrimo rivale a spada tratta: «Quel cubo di metallo non sarà bello, ma ci ricorda che le grandi imprese possono compiersi! Che i sogni si realizzano, se accompagnati da tenacia e forza di volontà! Il deposito è sempre stato un vanto per Paperopoli, uno sprone per i pigri, un simbolo di sacrificio e duro lavoro!» 

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- Che approccio possiede Scrooge al mondo dell’architettura?
Da scrupoloso e parsimonioso investitore delle proprie risorse quale è, Paperone non può che avere un approccio crudamente utilitarista al mondo dell’architettura. Anzi, spesso per il vecchiaccio “costruzione” fa coppia con “speculazione”, pure nell’accezione negativa del termine quand’anche il tutto sia sempre da considerarsi modulato dalla lente deformante della vis comica soggiacente alle varie situazioni rappresentate. Cionondimeno, se da un lato sono spesso i freddi numeri a determinare la convenienza di un investimento o la solvenza di una soluzione progettuale, dall’altro in Paperone è romanticamente presente una considerevole dose di pazza visionarietà circa il mondo dell’architettura e della progettazione in generale. È infatti innegabile, come si evince dall’indagine documentata nel volume, che parecchie configurazioni adottate dal deposito, pur nel surrealismo e nell’apparente inconsistenza della provocazione fumettata, nascondono intuizioni spaziali – quando non addirittura tecnologiche – davvero geniali e precorritrici di tempi ancora a venire.   
Non dimentichiamoci poi che, a parte pochissime eccezioni ed a livelli addirittura parossistici applicandosi questo ragionamento specificatamente all’edificio del magazzino blindato, per Paperone il contenuto è in generale assai più importante del contenente. Ciò non toglie che, quando il contenuto consiste in 9 fantasticatilioni, 4 biliongilioni, 6 centrigugalilioni, 8700 dollari e 16 cent (come ci racconta Carl Barks in Walt Disney’s Comics & Stories num. 155 del 1953)... anche il contenitore venga giustamente fatto oggetto di ogni possibile accuratezza progettuale e diventi esso medesimo un unicum architettonico meritevole di qualsivoglia fantasiosa - ed eventualemtente poco ortodossa - soluzione o accorgimento che ne possa assicurare la solidità e la protezione. Da qui deriva, soprattutto nella produzione della scuola italiana,  la ricchezza di varianti al modello canonico, nelle quali l’architettura diviene protagonista assoluta.  

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- Il money-bin è dunque un personaggio?
Ovviamente in senso letterale no, tuttavia è da considerarsi facente parte, a tutti gli effetti, degli elementi insostituibili della famiglia Disney dei paperi, addirittura molto più di taluni comprimari o soggetti secondari la cui assenza, quando mai si producesse, passerebbe assai più inavvertita che non la sua scomparsa. Non può quindi in alcun modo essere relegato al semplicistico ruolo di background, o banale attrezzo funzionale e passivo allo sviluppo delle sceneggiature.  A fronte di una supposta rigidità formale, la sua sorprendente versatilità trasformativa è d’altronde testimonianza di una capacità di adattamento che sarebbe incongruente in qualunque componente scenografica banale e corrente. 

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- Nelle sue molteplici apparizioni, il deposito assume configurazioni diverse, più o meno eccentriche a seconda delle storie. A chi si deve la forma con cui tutti lo conosciamo?
La faccenda è un po’ complessa ... tant’è vero che proprio la ricostruzione del cammino che, di autore in autore, ci ha restituito l’edificio con le fattezze a tutti note occupa l’intera prima sezione del libro.A parte infatti l’evoluzione ed il consolidamento del canone americano a seguito della brillante intuizione di Carl Barks, che diede per la prima volta al deposito di Scrooge l’inevitabile forma di una cassaforte gigante nel 1951 in “The Big Bin on Killmotor Hill”, la ricezione della lezione d’oltre-oceano da parte della scuola italiana è stata, soprattutto nei primi tempi e fino alla seconda metà degli anni Settanta, ricca di contraddizioni e di varianti.
Il Paperone di quell’epoca, infatti, è ben lungi dallo stabilizzarsi nel magazzino-ufficio-abitazione che noi oggi conosciamo e, piuttosto, alterna a questo scenario accentratore e multifunzionale diverse alternative, tanto che possiamo facilmente identificare e studiare l’evoluzione di tre tipi – il deposito, la residenza-villa e l’edificio corporativo per uffici -, che procedono su binari paralleli senza preoccupazione alcuna circa il consolidamento di un modello unico e stabile per tutte le storie del vecchio papero.
Nello specifico, il cosiddetto “deposito italico” fa per la prima volta capolino con la volumetria cubica sormontata da calotta nei primi anni Sessanta. Possiamo citare una storia disegnata da Giovan Battista Carpi nel 1963 - “Paperino ed il Ferragosto ad Ogni Costo”, scritta da Gian Giacomo Dalmasso - , oppure altre di Luciano Bottaro e Romano Scarpa - “Paperino e i Selvaggi Verdi” e “Paperino e l’Aurite Acuta”, dell’aprile e del settembre 1965  rispettivamente - tra i primi esempi di questo modello.  Precedentemente, però, quando disegnato da artisti di casa nostra, il magazzino aveva assunto anche altre ed eterogenee forme. Il modello americano invece, pur con qualche lecita - nonchè mitica ... - eccezione, è stato per Barks sempre ancorato al monolite corazzato.
Tale configurazione, peraltro in assenza di alcuna pretesa di cristallizzazione, è stata poi canonicizzato nel 2000 da Don Rosa nella storia “Attaaaaaack!” e in ultimo, in forma cartesianamente approfondita grazie alla collaborazione di Dan Shane, sempre dall’autore del Kentucky in “The Beagle Boys VS the Money Bin”, del 2001.  

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- Quali autori troveremo nel libro?
A parte il contributo testimoniale diretto offerto da Marco Rota, Massimo De Vita e Giorgio Cavazzano,  si sono raccontate le soluzioni architettoniche di un numero di artisti ed autori davvero cospicuo, dei grandi maestri come delle nuove leve.  Di fatto, nei limiti del possibile e con certo margine di discrezionalità dovuto a limiti di spazio, abbiamo cercato di includere tutto ciò che ci sembrasse meritevole ed utile non solo per mostrare al lettore la bellezza di talune soluzioni architettoniche adottate, ma anche per dar contezza esemplificativa di certi approcci – talvolta conformisti, talvolta eccentrici - al mondo della progettazione.
Fra le innumerevoli storie studiate, quelle citate che potranno ritrovarsi nell’indice cronologico sono circa 300. Penso che questo già di per sè dia la misura dello sforzo fatto nel tentativo di essere sufficientemente “completisti”, oltre a voler corrispondere equilibrata dignità a tutti i periodi storici attraversati dagli artisti Disney nella propria opera di interpretazione e caratterizzazione dell’edificio-personaggio. 

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- Incontreremo architetture “reali” nel libro?
Certamente! Proprio al confronto con le architetture “vere” - quelle costruite o progettate - ci si dedica in gran parte del volume, in un gioco dicotomico nel quale non sempre si riesce a discernere se viene prima il fittizio fumettato oppure il reale costruito. Crediamo che questa ambiguità, laddove a volte l’intuizione del fumetto anticipa progettista, designer e pianificatore, corrisponda esattamente ad uno dei punti di interesse del testo, lasciandoci con il dubbio insoluto su chi abbia il legittimo diritto di primogenitura delle idee. È un fatto incontrovertibile che diverse idee ed immagini tra quelle riportate nella ricerca abbiano avuto una prima genuina comparsa nelle pagine disegnate e che solo successivamente, una volta che lo sviluppo tecnologico avesse raggiunto un adeguato grado di solvenza ed efficienza, siano divenute oggetto di progettazione reale , entrando quindi sul serio nel mondo della produzione industriale e giungendo infine a restituirci paesaggi di corrente quotidianità.   La torre Eiffel a Parigi, la piramide di Cheope al Cairo, il Rockefeller Center a New York, gli headquarters Apple a Cupertino, il centro Las Arenas a Barcellona, le Walking Cities degli Archigram, i grattacieli orizzontali di El Lissitzky...Edifici e progetti sono innumerevoli. Abbiamo anche studiato un particolare accorgimento grafico che, nelle nostre intenzioni, vuole facilitare al lettore l’individuazione dei vari soggetti architettonici che, nel maelstrom del testo continuo, vengono di volta in volta citati e mostrati, in stretto dialogo ovviamente con le vignette a cui essi sono riferiti e con le quali posseggono una relazione logica.

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Quali sono le varianti del deposito che più vi hanno intrigato?
Hum... Domanda difficile,  ma legittima.Come potrete esaustivamente leggere nel libro, ci sono un sacco di configurazioni interessanti anche tra quelle adottate dai cosiddetti “alias paperoniani”, ossia quei personaggi secondari che, talvolta solamente per la durata di un’avventura, oppure dando luogo a vere e proprie mini-saghe, sono stati utilizzati come trasposizione della figura di Paperon de’ Paperoni in altre epoche e dimensioni. Esistono sicuramente alcune versioni del magazzino che, da indefesso lettore e collezionista disneyano, ricordo con particolare affetto. Non volendo far torto nessuno, ammetto che il mio criterio di scelta possa però anche essere inficiato da considerazioni nostalgiche.
“Zio Paperone e la Rivolta delle Macchine” di Luciano Capitanio del 1969 e “Zio Paperone e la Soluzione Orbitale” di Massimo De Vita del 1971, oppure “Zio Paperone e il Deposito Oceanico” di Marco Rota del 1974, “Zio Paperone e il Deposito Piramidale“ di Romano Scarpa del 1977 e “Zio Paperone e il Deposito in Orbita” di Giorgio Cavazzano del 1983 possiedono pagine per me indimenticabili. 


- Il libro dove potrà essere acquistato?
Analogamente all’anteriore volume, Mr. Bin sarà disponibile negli scaffali delle principali librerie, oltre che nei bookstore online. Per acquisto diretto dalla casa editrice, ci si può invece avvalere del seguente link: https://mlim.it/prodotto/mr-bin-architetture-per-il-deposito-di-scrooge-mcduck.

- Progetti futuri?
Beh, ad essere banali un noto detto dovrebbe suggerire che “non c’è DUE senza TRE”...Non nascondiamo che, in effetti, già esiste una buona base e diverse pagine per un terzo volume che potrebbe a tutti gli effetti considerarsi come conclusione della trilogia di ARCHIDISNEY. Tuttavia, stiamo ancora “limando” alcune cose e, pertanto, non possiamo per il momento anticipare nulla, men che meno azzardare calendari d’uscita. Quel che è certo è che, comunque, così come MR. BIN è un testo sostanzialmente diverso per concezione rispetto al precedente su Floyd Gottfredson, analogamente il nuovo progetto, pur nella coerenza intriseca alla ricerca generale, sarà differente rispetto ai suoi predecessori.

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GIACOMO DELBENE, genovese di nascita, è architetto e, stabilitosi da oltre 20 anni a Barcellona, è dottore di ricerca in Scienza dei Servizi per i Trasporti e la Logistica, con specializzazione in Urban Branding e Dinamiche Aggregative dei Sistemi Infrastrutturali. Fondatore dell’agenzia SELF ARQUITECTURA, è stato vincitore di importanti premi in concorsi di progettazione architettonica e urbanistica. Accosta alla pratica professionale un’intensa attività di ricerca didattica presso facoltà europee ed italiane e, dal punto di vista editoriale ha all’attivo parecchi testi, tra cui “GENO(V)A: developing and rebooting a waterfront city” (Nai Publishers 2003), “Infrascape”, “Critical Barcelona” e “Save Energy” (numeri 79/90/99 della rivista AREA, Motta Editore, 2005-2008), “Four Elements. A landscape project between Art and Architecture” (Actar 2006), “Proyecto BCN” (Ajuntament de Barcelona, 2007), “Barcellona Trasformazioni Contemporanee” (Meltemi, 2007), “Public, Private, Ephemeral. Ceramics in Architecture” (ASCER, 2007), “Made in GOA, guida alla città ibrida” (Sagep, 2016) e “Archidisney. Architettura, città e design nell’arte di Floyd Gottfredson” (Odoya, 2019). 

MILA NIKOLIC è architetto e urbanista, con formazione svoltasi tra Belgrado, Rotterdam e Barcellona, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in “Teoria e Storia dell’Architettura”.Cresciuta sui fumetti italiani, circondata da Arte, Design ed architetture contemporanee, ha approfondito e sviluppato interfacce esperienziali arte-architettura-città. Grazie a oltre vent’anni di esperienza internazionale nel mondo accademico e professionale, si è specializzata nella progettazione, pianificazione e programmazione di infrastrutture culturali, nonché nella curatela espositiva e urbana.Ha lavorato in Brasile, Serbia, Montenegro, Russia e Spagna su progetti che hanno toccato tutte le scale, dall’architettura effimera ai piani ed alle strategie urbane, localizzandosi dal Sud America al Medio ed Estremo Oriente. Insegna presso facoltà europee Progettazione, Teoria, Storia e Critica Architettonica e Urbanistica, e scrive diffusamente su tali argomenti.   


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